Mancano poco più di due anni all’entrata in vigore della nuova Politica Agricola Comune. Rispetto al recente passato la novità più importante è rappresentata dal fatto che le disposizioni che verranno adottate interesseranno anche tutte le new entry dell’Unione Europea.
Nel nuovo ambito applicativo delle disposizioni comuni, più ampio e variegato, appare particolarmente difficile trovare soluzioni che vadano bene per tutti gli agricoltori dei 27 paesi. I problemi di bilancio nazionali e quindi comunitari rischiano poi di creare una coperta troppo corta per tutti.
“In questa delicata fase di avvicinamento – sottolinea il presidente della Confagricoltura siciliana, Gerardo Diana – è importante alzare il livello di attenzione nei confronti delle decisioni che verranno adottate da Bruxelles. L’augurio è che presto si possa definire una linea unica nazionale su cui raccogliere larghe intese a livello europeo”.
Diana non nasconde le preoccupazioni dovute al fatto che il baricentro del settore si sia spostato sempre più verso nord a causa del rafforzamento delle cosiddette produzioni continentali, divenute poco meno che totalitarie rispetto a quelle “mediterranee”.
“Di questo calo di attenzione nei confronti di olio, vino, grano duro, ortofrutta e agrumi – aggiunge il presidente della Confagricoltura siciliana – ci siamo già resi conto nel momento in cui la Commissione ha iniziato a ratificare una serie di accordi in deroga, senza dazi e controlli sanitari, con numerosi Paesi extra europei. Nella proposta di riforma della PAC, circolata nei giorni scorsi, non c’è alcun riferimento a misure compensative a favore delle produzioni che, a causa di questi accordi senza limiti e regole, subiscono le conseguenze di una concorrenza basata non sulla qualità dei prodotti ma esclusivamente sui prezzi”.
“La PAC che noi sogniamo – conclude Diana – è quella che sia in grado di garantire un futuro più verde e più respirabile alle generazioni future, a burocrazia zero ed in grado di cancellare gli attuali squilibri alimentari del pianeta. Come siciliani, e per quello che già facciamo, vorremmo che ci fosse riconosciuto adeguatamente il contributo che le nostre coltivazioni danno in termini di produzione di ossigeno e di conservazione del territorio, come dimostra il supporto scientifico realizzato dalla Facoltà di Agraria di Palermo sul bilancio del carbonio in ecosistemi frutticoli siciliani: si tratta di aspetto di grande attualità alla luce dei gravi disastri provocati dalle recenti piogge torrenziali.