Il provvedimento, contestatissimo da certi ambienti dell’antimafia, corregge per certi aspetti l’anomala situazione attuale che prevede l’assegnazione gratuita di beni a gruppi di associazioni vari a cui vanno anche finanziamenti per l’inizio delle attività a totale carico dello stato, alimentando certi circuiti di antimafia , definiti da Sciascia, di professione.
Si scaglia contro il provvedimento il Don Ciotti perché che afferma “Se l’obiettivo è quello di recuperare risorse finanziarie strumenti già ce ne sono, a partire dal ‘Fondo unico giustizia’ alimentato con i soldi ‘liquidi’ sottratti alle attività criminali, di cui una parte deve essere destinata prioritariamente ai famigliari delle vittime di mafia e ai testimoni di giustizia”. ”
Ovviamente Don Ciotti ha una sua visione del bene comune che intende ristringere a pochi soggetti e non come afferma alla collettività.
Con la vendita dei beni sequestrati alla mafia lo stato acquisisce fondi per poterli investire in attività sociali per tutti i cittadini.
L’unico vero problema è che alla fine questi proventi si perdano nei meandri della finanza pubblica.
Alla Camera, invece di abolire l’emendamento come chiede il sacerdote, meglio sarebbe inserire espressamente una clausola di salvaguardia e cioè, prevedere per questi proventi specifici percorsi per attività sociali e per opere “certe” infrastrutturali nell’Isola.
Solo così ciò che è stato tolto alla collettività può dirsi che ritorna alla collettività.
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